Si è tenuta lunedì 29 ottobre all’Ospedale Bellaria di Bologna l’inaugurazione de IL BENE, il nuovo centro per la diagnosi e cura delle malattie neurologiche rare e neuroimmuni, che rappresenta una ulteriore area di eccellenza della Sanità italiana e un punto di riferimento importante per questo genere di patologie.
Le attività di comunicazione integrata sono state sviluppate da Touché, l’agenzia bolognese guidata da Luca d’Alesio, che si è occupata dello studio del marchio e delle azioni di guerrilla marketing mirate sul territorio bolognese.
Questa prima tranche di comunicazione ha come obiettivo la costruzione di una forte e diffusa notorietà de IL BENE (il marchio è l’acronimo di Bellaria Neuroscienza) attraverso il coinvolgimento diretto e l’invito a comportamenti attivi della popolazione residente, con un gimmick ispirato al modello dei messaggi da bacheca.
Le istruzioni sul retro del flyer invitano le persone a: ritagliare tutte le linguette del fronte, in modo tale da lasciarne una sola con il numero di telefono del Centro e ad affiggerlo nei punti più visibili della città. Il messaggio recita: – Le chiamano malattie rare -. Tali malattie affliggono più di 60.000 persone all’anno e se tutte le linguette sono strappate, poi tanto “rare” non sono!
A completare la comunicazione, verso la fine di novembre, è prevista anche la pianificazione della campagna pubblicitaria su mezzi di affissione e stampa.
Ritengo la cosa del massimo interesse, sia perché è una campagna interessante, sia per gli obiettivi di comunicazione sociale.
Riflettevo sullo spot pubblicitario di Unicom, l’Unione Nazionale Imprese di Comunicazione (attualmente visibile a questo indirizzo), visto in televisione con Maurizio Costanzo come testimonial.
Una frase mi ha colpito in particolare che cito testualmente “Oggi non basta realizzare un buon prodotto per avere la garanzia del successo […] (le imprese) devono farsi conoscere e devono far conoscere i loro prodotti […] devono fare della buona comunicazione”.
Anche se, come immagino, lo spot abbia l’intento di incentivare la comunicazione con i clienti, siano essi i consumatori finali o altre imprese, al primo ascolto ho condensato il tutto nella frase “per vendere basta farci solo tanta pubblicità”.
Possiamo trovare due correnti di pensiero che mettono questa semplice farse al centro di una tempesta: quanto è importante un prodotto, la sua qualità e la comunicazione?
Provo a fare due considerazioni prendendo gli estremi di queste considerazioni:
Il prodotto è importante, la comunicazione meno: secondo tale ideologia, il prodotto si venderebbe da solo, senza che esso sia circondato da una comunicazione ossessiva.
La comunicazione è importante, il prodotto meno: in questo secondo caso, il prodotto non assume un’importanza sostanziale, se non grazie alla comunicazione e alle attività di promozione a cui è sottoposto.
Come sempre, la verità sta nel mezzo e quindi la risposta corretta dovrebbe essere il buon compromesso tra qualità del prodotto e comunicazione verso l’esterno.Il concetto è semplice: immaginiamo un prodotto scadente associato ad assidua attività di comunicazione con tutti i media: nonostante il primo impatto dovrebbe essere presumibilmente positivo per le casse del produttore, in un secondo momento questo effetto sarebbe vano.
Al contrario, un buon prodotto che non si fa conoscere, non si potrà affermare nel mercato a meno che non si consideri anche l’effetto virale che potrebbe nascere se la qualità del prodotto è veramente alta.
Quindi, quale strategia intraprendere?
Una strategia incentrata principalmente sul prodotto, curandone i dettagli e la qualità o lasciare un po’ di investimenti anche nella comunicazione?
Dipende tutto dalla vostra strategia, ma ricordando che la buona qualità non compromette mai la comunicazione, anzi, ne fa abbassare i costi e ne facilita la trasmissione; viceversa, altissimi investimenti nella comunicazione per un prodotto scarso, non servirà a molto già nel medio periodo, e gli effetti negativi si potrebbero far sentire molto prima del previsto.
MySpace, fin dalla sua creazione, ha mostrato un incredibile capacità di fare network. Da due anni a questa parte ha ottenuto una popolarità al di sopra di ogni aspettativa, tanto da risultare il sito più cliccato al mondo per molti mesi dello scorso anno.
In virtù di questo trend, oltre a profili di tipo Artistico, si sono cominciate a vedere Aziende, iscriversi per aumentare le loro opportunità di Business.
Attualmente la situazione è leggermente cambiata, in quanto essendo sovraccarico di iscritti da tutte le parti del mondo, l’ aumento proporzionale delle sue features, ha rallentato i tempi di caricamento delle pagine, e soprattutto ha relegato alcuni profili meno “Friendly” per i motori di ricerca, nelle zone meno frequentate dai navigatori più esperti, e magari da alcuni addetti ai lavori, soprattutto nel settore Musica.
La richiesta disperata di molti utenti che ora sentono la necessità di essere più visibili nel web attraverso MySpace, ha trovato in me un uditore attento e preparato, che con pochi semplici accorgimenti, ha intenzione di rivoluzionare l’approccio alla rete, sfruttando fattori SEO già presenti nel network, e sui quali si può intervenire direttamente dal proprio pannello di controllo.
Pochi giorni fa, ho pubblicato una mini-guida (solo testo) che spiega come effettuare le modifiche, magari abbinandole ad un idea di “Keywords”, ossia spingere una parola chiave accuratamente scelta in base alle proprie attitudini o tendenze, e farne la base del proprio Networking. Da quel momento ho iniziato a ricevere visite nel mio sito per parole chiave come queste :
La marca contemporanea si trova in un importante ciclo della sua evoluzione, perché per essere competitiva deve poter rispondere alle sempre più pressanti richieste di impegno etico che provengono dal mercato, come quelle dei:
movimenti ambientalisti
movimenti dei consumatori
movimenti no global
Da un punto di vista strategico, l’interlocutore si rileva sempre meno acquirente e sempre più individuo, e il marketing in quanto scienza evolutiva deve rispondere con strumenti maggiormente sofisticati ed efficaci.
Una delle applicazioni più utili del Web 2.0 è knowmore.org, vale a dire un motore di ricerca che consente, immettendo il nome dell’impresa o del suo brand, di individuare il comportamento “sociale” che dimostra di avere.
In questo modo è possibile comprendere cosa si nasconde sull’altra guancia delle multinazionali, a volte non è facilmente visibile alle persone comuni. –Ibrand presenti–
Il concetto di base è questo: in quanto consumatore voglio che le imprese sviluppino azioni di CSR(Corporate Social Responsibility) perché sono consapevole che queste: producono ricchezza ma generano enormi problemi: sono soggetti irresponsabili dal punto di vista collettivoI n questo contesto, problemi di rispetto delle regole e degli statuti più o meno vincolanti divengono oggetto di attenzione e la responsabilità sociale diviene espressione della cultura dell’impresa seppur sempre orientata al raggiungimento di un’alta profittabilità. -Il consumatore acquisisce sempre più potenza, basta fare una prova digitando Nestlè su Google.
Nel ranking, subito dopo il sito istituzionale e altri ufficiali (costati un occhio della testa di indicizzazione), c’è Wikipedia, che è interamente gestito dagli utenti della rete, e al 5° e 7° posto alcuni movimenti di boicottaggio contro il comportamento sociale non responsabile dell’azienda. -Il che vuol dire che con i nuovi strumenti offerti dalla nuova evoluzione del web, l’eticizzazione della marca non può essere considerata come un’operazione di make up, vale a dire di copertura per presentarsi all’esterno con un nuovo look, ma piuttosto una precisa strategia che non vede come ultimo fine la redazione di un bilancio sociale, ma la costruzione di un mondo migliore.
Il cambiamento in atto è radicale, per comprenderlo basta contare le persone disposte a premiare quell’industria che prova la deforestazione, che inquina indiscriminatamente o che genera sofferenza nell’uomo e la devastazione dell’ecosistema.
Se il mondo esisterà più a lungo lo dovremo anche all’efficacia dei nuovi strumenti di comunicazione e al Web 2.0 .
Ecco una breve sintesi introduttiva all’argomento.
Come tutti hanno avuto modo di vedere il marketing sta cambiando adeguandosi ai rapidi mutamenti della società.
Si avverte la necessità di formulare un nuovo paradigma che contenga indicazioni più aggiornate e precise riguardo la rete e le opportunità di comunicazione e promozione che questa offre.
La rete è sicuramente il fenomeno più dirompente degli ultimi 10 anni dal punto di vista socio-economico, tanto da esser considerata parte integrante di ogni azienda.
Anche dal punto di vista promozionale la rete rappresenterà il futuro.Secondo l’indagine Upa gli investimenti pubblicitari online sono cresciuti 2007 del 35% mentre i mezzi di comunicazione tradizionali si trovano in una fase di stagnazione.
Nel frattempo si affermano nuovi trend: c’è attenzione alle sperimentazioni e si sviluppano nuove forme di adv non convenzionale come il guerrilla marketing e il viral.In questo scenario, le aziende non potranno più fare a meno dell’uso di internet e per questo dovranno essere in grado di svolgere le loro attività parallelamente nel mondo online e offline.
L’approccio che rappresenta una valida e consistente soluzione è quello della multicanalità.
Ci troviamo di fronte ad un consumatore multicanale, la cui caratteristica predominante è l’attivismo, è perfettamente a suo agio nella rete, ma utilizza di frequente canali tradizionali anche solo per acquisire informazioni, muovendosi quindi, con familiarità e autonomia in un universo fatto di attività on line e off line.
Va considerato che mentre le imprese ragionano in termini di canali, i clienti pensano in termini di prodotti o servizi, ciò significa che per loro non ha particolare interesse quale è il canale di interazione, ma che la marca fornisca la medesima esperienza in qualsiasi canale venda o comunichi.Il marketing deve quindi fare in modo che tutte le interazioni con la marca siano coerenti secondo una visione multicanale integrando i vari strumenti di promozione.
Ecco il nome in codice dell’ ultimo contest lanciato da Giorgiotave – Pagerank Patatrak
Di seguito riporto i dettagli del perchè partecipare a Pagerank Patatrak
Perchè partecipare?
Dall’ultimo test-libero dei Fattori arcani sono passati due anni; per Internet 3 ere geologiche. Tante cose sono cambiate da allora e ci troviamo a doverci rapportare ad un web ben differente. Abbiamo recentemente visto cambiare radicalmente l’espressione della barretta verde del pagerank e da tempo ne conosciamo il forte ridimensionamento della sua importanza nel posizionamento.
* Fino a che punto possono essere considerate attendibili le numerose tesi presenti su questo Forum che tendono a rendere quasi nulla (o comunque fortemente ridimensionata) l’influenza del PageRank?
* Cosa realmente ha determinato il posizionamento della GT Directory con la key directory ( 5° di un miliardo e ottocentomilioni di pagine ) nonostante il suo striminzito PR=3 ? (da notare in 32° posizione la Directory di Yahoo a PR7, e Dmoz in 34° con PR8 !)
* Quando conta avere una struttura creata appositamente per spingere la home page o altre pagine del sito stesso senza cadere nelle penalizzazioni di Google?
* Quando e come creare un Network che possa spingere un sito? Che tempistiche si devono usare per inserire i link? Quanto questi influenzano il PageRank?
Come ho commentato sul blog di Davide, ribadisco anche qui che secondo me con questo contest si avranno belle notizie dallo studio dei riusltati, delle statistiche: chi è arrivato primo, come e per quali fattori è arrivato primo? … e chi non si è nemmeno classificato, lo avranno tolto di mezzo i primi giorni o avranno linkato la sua pagina sul Pagerank Patatrak nelle ultime ore del contest?
Direi quindi che ci sono buoni spunti per lo studio.
È nato ad Ancona nel 1935. SI trasferisce a Milano dove lavora prima come art director di un’agenzia di pubblicità, poi come direttore editoriale e art director di molte case editrici, redattore e grafico di una quantità di riviste e direttore di altre.
Scrive articoli un po’ dappertutto; traduce dall’inglese americano, e si specializza nel fumetto. Scenografo, regista televisivo, è un creativo a 360 gradi.
È stato redattore delle riviste (di cui era anche grafico) “Artecasa”, “Gamma”, “Linus”, “Il Giornalino”, “Futuria”,reattore del settimanale “Comix” e del mensile “Aliens”, direttore, redattore e grafico di “Lupo Alberto” (di cui collabora ancora alla posta dei lettori), “Le avventure della storia”, “Nilus”, delle due edizioni italiane di “Mad Magazine”, della collana a fumetti “Akira”.
Autore di una microserie sui vari temi narrativi fondamentali, riguardanti la narrativa a fumetti, abbinata a un certo numero di albi della Bonelli. Autore di un certo numero di racconti umoristici e di fantascienza su varie riviste per esempio “Aspettando il robtt” su Linus.
È stato direttore editoriale e art director ddi Williams Inteuropa e di Glénat Italia.
Per anni ha disegnato le copertine di “Linus”(in stile Schulz, col suo permesso), “Gamma”, “Futuria”, “Eureka” (con il beneplacito di Reg Smythe per Andy Capp), più copertine di libri di varie case editrici, tra cui la serie “Galassia” de La Tribuna.
Per Eureka ha anche scritto e disegnato la serie “In parole povere”, spiegazione in chiave umoristica di temi attuali come il femminismo ecc.
Autore di qualche centinaio di articoli di critica dei fumetti su varie pubblicazioni. Ha collaborato e collabora praticamente alla maggior parte delle pubblicazioni per ragazzi. Ha scritto buona parte de “La Grande Enciclopedia della fantascienza” delle Edizioni Del Drago.
Ha collaborato a buona parte de “L’enciclopedia del fumetto” edita anche in Spagna e Germania.
Autore con Cavazzano di “Rossi’s Story”, opuscolo a fumetti delle Lever Gibbs sull’igiene dentaria che continua ad essere distribuito da più di un decennio.
Ha insegnato per molti anni computer grafica alla Scuola del Fumetto di Milano.
Specializzato in traduzioni di fumetti (in particolare americani, anche in slang), ha tradotto praticamente tutti i principali fumetti americani, anche in opere ponderose come la collana cronologica dei Peanuts (Mondadori).
È stato o è il traduttore ufficiale di alcuni character americani, come “Ernie”, “Garfield”(di cui ha tradotto la recente raccolta per la Mondadori), “Beetle Bailey”, “Blondie”, “Broomilda”, “Dick Tracy”, “Hi and Lois”, “Rip Kirby”, “Dilbert”, (del cui autore ha anche tradotto i libri per la Comix e per la Garzanti). Dagli anni settanta in poi ha tradotto per l’Italia Garfield,
Nello stesso periodo ha collaborato anche all’edizione italiana di Superman, Batman e altri personaggi di DC Comics, pubblicate da Williams.
Dei fumetti inglesi più noti è stato il traduttore ufficiale di “Jeff Hawke” di Sidney Jordan (comprese le edizioni degli Oscar Mondadori) e di “Buck Ryan” di Jack Monk.
Con Giorgio Bonelli ha curato e diretto la serie televisiva Tex & Company.
Tiene o ha tenuto rubriche di posta per lettori su molti giornali per ragazzi.
Con Giorgio Bonelli ha curato e diretto la serie televisiva “Tex & Company”.
È stato anche redattore degli albi Dylan Dog di Sergio Bonelli Editore, casa per la quale è stato anche autore di una microserie sui temi narrativi fondamentali dei fumetti, abbinata a questa pubblicazione.
È stato per decenni l’allestitore e lo scenografo dei vari congressi trimestrali della ditta Tupperware.
Con Cavazzano è stato autore di “Rossi’s Story”, opuscolo a fumetti della Lever Gibbs sull’igiene dentaria, che continua ad essere distribuito da più di un decennio e che con milioni di copie è probabilmente il più diffuso nel mondo.